[Questo post compare in contemporanea sui miei due blog – Fra le Province e Bujizen. Mi scuso per la ripetizione coi frequentatori di entrambi.]
Sono un paio di giorni che penso all’ipotesi di un corso, da proporre a qualche struttura locale per la prossima primavera.
Il frutto di simili osservazioni si trova nella pittura taoista, e nei resoconti di viaggio dei colti gentiluomini dell’epoca Tang.Secondo la tradizione, il saggio taoista, avendo trascorso alcuni anni fra le montagne in comunione con il Tao, acquisisce la capacità di osservare il paesaggio e leggerne i caratteri fondamentali.
Il flusso delle energie vitali, le traiettorie di evoluzione.
L’ambiente nel suo insieme, nel suo divenire.
L’azione del chi.
Il frutto di simili osservazioni si trova nella pittura taoista, e nei resoconti di viaggio dei colti gentiluomini dell’epoca Tang.
E la cosa, naturalmente, mi diverte molto – poiché per quanto espresse con un linguaggio diverso, le osservazioni del nostro eremita cinese e quelle di un moderno studioso di ecologia non sarebbero troppo differenti.
Anche lo studiosodi sistemi ecologici identifica infatti aree del paesaggio soggette a differenti fattori (erosione, deposito), osserva il fluire delle energie (irraggiamento solare, venti dominanti, deflusso delle acque) e si costruisce una immagine complessiva del paesaggio.
Ne risulta perciò che se i miei colleghi geologi leggessero certi antichi trattati naturalistici taoisti, vi ritroverebbero i pensieri e le osservazioni di spiriti affini, vissuti magari cinquecento, o mille anni or sono.
Ma naturalmente i miei colleghi geologi non si farebbero beccare neanche morti a leggere certi libri – ed io che sono uno dei pochi che l’hanno fatto ho, in effetti, la fama di essere un po’… un po’ strano, diciamo.
Il che è ovviamenteuna sciocchezza.
Poiché è da sciocchi precludersi la possibilità di sviluppare le proprie conoscenze in una nuova direzione.
Ecco, una cosa della quale mi piacerebbe occuparmi, se ne avessi la possibilità, sarebbe l’organizzazione di sessioni di lettura del paesagio.
Insegnare alle persone – meglio di tutto ai ragazzini delle scuole – ad osservare il paesaggio per leggerne le caratteristiche, la storia, la possibile evoluzione.
Per vedere come esistano anelli di feedback, come la dinamica di ciascun albero del bosco sia in piccolo una repllica della dinamica dell’intero bosco, dell’intero pendio alberato.
Non sarebbe difficile.
Si tratta di una di quelle attività che richiedono solo un buon punto d’osservazione, qualche minuto di silenzio e gli occhi.
E le orecchie.
Magari un minimo di tatto.
L’ho proposto una volta sola, una cosa del genere, come parte dell’offerta didattica di una località eco-turistica della provincia di Cuneo – ed i responsabili dell’organizzazione mi hanno guardato come se fossi appena sceso dal disco volante.
Eppure, una di queste notti, troverò il modo di formulare la proposta in maniera che non venga cestinata a prescindere.
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