Meditare scrivendo

Oggi mi è stato fatto notare che scrivo un sacco.
È stata menzionata la parola “concentrazione”.
Beh, non è esattamente una questione di concentrazione…

Ho sempre trovato la posizione tradizionale per praticare zazen – la meditazione da seduti – mortalmente scomoda.
Può avere altre attrattive, ma è scomoda – anche avendo unpanchetto ed un cuscino.
Sono pesante, e starsene inginocchiati per una mezz’ora alla volta comporta un certo affaticamento delle ginocchia, già parecchio logorate per i fatti loro.

Il loto ed il mezzo loto mi fanno venire i crampi e i mezzi crampi.
Problemi di circolazione, probabilmente. Altro

Leggere il Paesaggio

[Questo post compare in contemporanea sui miei due blog – Fra le Province e Bujizen. Mi scuso per la ripetizione coi frequentatori di entrambi.]

Sono un paio di giorni che penso all’ipotesi di un corso, da proporre a qualche struttura locale per la prossima primavera.

Il frutto di simili osservazioni si trova nella pittura taoista, e nei resoconti di viaggio dei colti gentiluomini dell’epoca Tang.Secondo la tradizione, il saggio taoista, avendo trascorso alcuni anni fra le montagne in comunione con il Tao, acquisisce la capacità di osservare il paesaggio e leggerne i caratteri fondamentali.
Il flusso delle energie vitali, le traiettorie di evoluzione.
L’ambiente nel suo insieme, nel suo divenire.
L’azione del chi.
Il frutto di simili osservazioni si trova nella pittura taoista, e nei resoconti di viaggio dei colti gentiluomini dell’epoca Tang.

E la cosa, naturalmente, mi diverte molto – poiché per quanto espresse con un linguaggio diverso, le osservazioni del nostro eremita cinese e quelle di un moderno studioso di ecologia non sarebbero troppo differenti.
Anche lo studiosodi sistemi ecologici identifica infatti aree del paesaggio soggette a differenti fattori (erosione, deposito), osserva il fluire delle energie (irraggiamento solare, venti dominanti, deflusso delle acque) e si costruisce una immagine complessiva del paesaggio.

Ne risulta perciò che se i miei colleghi geologi leggessero certi antichi trattati naturalistici taoisti, vi ritroverebbero i pensieri e le osservazioni di spiriti affini, vissuti magari cinquecento, o mille anni or sono.
Ma naturalmente i miei colleghi geologi non si farebbero beccare neanche morti a leggere certi libri – ed io che sono uno dei pochi che l’hanno fatto ho, in effetti, la fama di essere un po’… un po’ strano, diciamo.

Il che è ovviamenteuna sciocchezza.
Poiché è da sciocchi precludersi la possibilità di sviluppare le proprie conoscenze in una nuova direzione.

Ecco, una cosa della quale mi piacerebbe occuparmi, se ne avessi la possibilità, sarebbe l’organizzazione di sessioni di lettura del paesagio.
Insegnare alle persone – meglio di tutto ai ragazzini delle scuole – ad osservare il paesaggio per leggerne le caratteristiche, la storia, la possibile evoluzione.
Per vedere come esistano anelli di feedback, come la dinamica di ciascun albero del bosco sia in piccolo una repllica della dinamica dell’intero bosco, dell’intero pendio alberato.
Non sarebbe difficile.
Si tratta di una di quelle attività che richiedono solo un buon punto d’osservazione, qualche minuto di silenzio e gli occhi.
E le orecchie.
Magari un minimo di tatto.

L’ho proposto una volta sola, una cosa del genere, come parte dell’offerta didattica di una località eco-turistica della provincia di Cuneo – ed i responsabili dell’organizzazione mi hanno guardato come se fossi appena sceso dal disco volante.

Eppure, una di queste notti, troverò il modo di formulare la proposta in maniera che non venga cestinata a prescindere.

Tai chi ad agosto

Il fisico è in declino, le ginocchia cigolano, tocca rispolverare il tai chi.
Ginnastica dolce ma strumento potentissimo per riattivare le energie assopite e riportare un minimo di vitalità nella vecchia carcassa.

Con il mese di agosto, mi ripropongo di rimettermi in condizione di eseguire senza intoppi i 24 movimenti base dello stile yang.
Sono passati molti anni da quando frequentavo la palestra a Torino, ma con un buon supporto documentario, non dovrebbe essere troppo difficile.
E già che ci sono, posso approfondire la parte teorica.

Allo stato attuale, le mie risorse sono…

Tai Chi – Ten Minutes to Health, di Chia Siew Pang e Goh Ewe Hock, pubblicato nel 1983 e, a mio parere, ancora comunque il miglior manuale di Tai Chi Stile Yang, 44 movimenti, mai pubblicato.
Conciso, chiaro, ben scritto, con fotografie e schemi per ciascuna mossa, e le chiacchiere ridotte al minimo.

The Tai Chi Manual, di Robert Parry, un buon manuale fotografico sulla forma abbreviata dello Yang.

T’ai Chi for Dummies, di Therese Iknoyan, che fa un sacco di chiacchiere ma è poi piuttosto indeguato, a mio parere, quando si arriva alla pratica. Include però degli interessanti esercizi di riscaldamento.

Ho poi qualcosa sul fronte video, come riferimento per i momenti di dubbio, e come ripasso visivo.


Dicono che praticare il tai chi sia come andare in bicicletta.
Stiamo a vedere.

Voci precedenti più vecchie

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